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    Home » Suicidio, omicidio o istigazione (quinta parte)
    Criminalistica e Criminologia

    Suicidio, omicidio o istigazione (quinta parte)

    Radio ErreBy Radio Erre5 Aprile 20202 commenti10 Mins Read
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    raul gardini
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    Visualizzazioni: 53

    gabriele AccattoliCon questo articolo chiudo la trattazione delle morti eccellenti in seno alla maxi tangente Enimont, l’ultimo tassello, per ordine temporale, non di certo per importanza, è Raul Gardini, trovato morto nella sua abitazione il 23 luglio 1993, tre giorni dopo Gabriele Cagliari.

    raul gardini bainco e nero

                Prima di andare al fatto specifico, però, dobbiamo vedere chi era Raul Gardini e poi fare una piccola ricostruzione della vicenda Enimont.

    “…..perché sono un branco di ladri e volevano continuare a rubare…..è come svezzare i vitelli, non si vogliono svezzare, vogliono rimanere attaccati alla mammella, non vogliono incominciare a brucare l’erba, rimarranno sempre poppanti…..chi non vuole cambiare abitudine rispetto al progetto che vive, rimane attaccato alle mammelle, una mammella che poi si prosciugherà e finiranno per mangiarsi la mucca…..”. Raul Gardini in una intervista dopo l’inizio della vicenda mani pulite e tangentopoli.

    Raul Gardini nasce a Ravenna il 7 giugno del 1933, nasce nella terra e nella terra aveva trovato la sua misura d’uomo, l’agricoltura, la pesca, la caccia erano il suo senso e stile di vita, con una forte passione per il mare “….il mare dà la libertà……amo il vento, le cose che mi sono intorno….”.

    Gardini aveva due soprannomi, il “contadino” per il suo amore nel settore dell’agricoltura, il “corsaro” per l’amore del mare, delle barche a vela, amore che lo portò poi al progetto ed al varo della famosa imbarcazione “il moro di Venezia”.

    barca a vela

                Dopo gli studi universitari entra a lavorare come dirigente nella grande azienda “Ferruzzi”, proprietà di Serafino Ferruzzi, sposando la figlia dello stesso, Idina.

    La Ferruzzi era leader nella commercializzazione di prodotti agricoli, ogni anno muoveva qualcosa come due milioni di tonnellate di merce, cereali, soglia, olio di semi, cemento, era il primo importatore italiano.

    Il 10 dicembre 1979, all’età di 71 anni, Serafino Ferruzzi muore in un incidente aereo, i figli, eredi dell’impero economico, affidano a Raul Gardini le redini dell’azienda Familiare.

    Raul, con le sue spiccate capacità imprenditoriali, prova a far innalzare il fatturato della Ferruzzi aprendo verso il settore dello Zucchero, arrivando ad acquisire la società “Eridania”, primo produttore di zucchero in Italia, ma non si ferma lì, subito dopo acquisisce anche “Beghin Say” colosso francese dello zucchero.

    Gardini aveva un altro sogno, accostare la chimica all’agricoltura, una chimica non inquinante, per la produzione di “benzina Verde” a base di etanolo di derivazione agricola.

    Questo interesse lo porta a guardare verso la chimica industriale, e precisamente verso la “Montedison”, dove cerca la scalata per acquisirla. Ma qui la strada è più dura, si scontrerà con due nomi eccellenti, Enrico Cuccia di Mediobanca e De Benedetti.

    Ma Gardini era fermo nelle sue intenzioni, non molla, acquisisce il 10% delle azioni della Montedison, ed in breve tempo, con un imponente impegno economico, circa 2.000 miliardi di lire, arriva al 40% delle azioni, aveva vinto sugli altri due pretendenti. Era il novembre del 1987, a capo della Montedison vi era Schimberni, ma il consiglio di amministrazione ellegge Raul Gardini a capo del colosso chimico; Gardini diventa il secondo industriale italiano dietro alla famiglia Agnelli.

    Il suo progetto di chimica ambientalista ancora era vivo, un nuovo mercato energetico di derivazione agricola, per arrivare a questo, oltre agli altri collaboratori, chiama nel consiglio di amministrazione Rita Levi Montalcini e Chicco Testa, esponente dei “verdi”.

    Nasce l’idea della fusione della ENI, colosso pubblico con la Montedison, colosso privato, per arrivare ad un colosso misto più forte, il 15 febbraio 1988 nasce la Enimont. Viene nominato Amministratore Delegato Sergio Cragnotti, le due parti, pubblica (ENI) e privata (la Montedison di Gardini), acquisiscono il 40% delle azioni ciascuna, il restante 20% viene immesso nel mercato.

    enimont

                Gardini era un imprenditore e non riusciva ad accettare e supportare la lentezza della burocrazia imposta dalla parte pubblica e nel 1990 compera le azioni sul mercato acquisendo la maggioranza azionaria della Enimont con un pubblico annuncio “…da oggi la chimica Italiana sono Io….”

    Dopo questa azione, la Enimont diventa un campo di battaglia per una guerra politica, un aspro scontro tra la parte pubblica ed il privato, da una parte Gardini e la sua Montedison, dall’altra la parte pubblica rappresentata da Andreotti, Forlani e Craxi. La parte pubblica voleva tenere le mani sull’azienda e non voleva essere umiliata, Gardini, secondo Craxi, era troppo arrogante.

    Un piccolo salto in avanti, 2 dicembre 1993, udienza del processo “mani pulite”, Giorgio La Malfa (Partito Repubblicano Italiano) riferisce riguardo lo scambio di idee tra Andreotti, Forlani e Craxi “…ma cosa vuole questo Gardini?…..fermiamo questo Gardini……..” dicendo poi, economicamente parlando, ovviamente……

    Per chiudere la disputa, il Ministro delle Partecipazioni Statali, Franco Piga, sotto il governo Andreotti (era Dirigente Generale degli affari economici in quel Ministero Sergio Castellari, ricordate?), ha una idea risolutiva, “il patto del cowboy”, vengono rivalutate le quotazioni in borsa della Enimont e Gardini decide di comperarle tutte lui. Purtroppo per lui non riesce, le banche non gli concedono lo scoperto, anzi, addirittura ritirano i fidi già concessi, Gardini è in grave difficoltà, lo stato in nome della ENI, chiede il sequestro delle azioni detenute da Gardini, quest’ultimo, dopo tredici giorni di travaglio, accetta di vendere tutte le azioni Enimont in capo alla Montedison, per una quota di 2.805 miliardi di lire.

    A seguire la Ferruzzi ritira l’incarico affidato a Gardini, liquidandolo con 505 miliardi di lire. Il suo primo progetto era fallito, ma la liquidità per ripartire c’era, e con la sua caparbietà non si ferma.

    L’11 marzo 1990, nei cantieri navali di Porto Marghera, nella Tencara-Montedison, viene varato il “Moro di Venezia”, la passione per il mare di Gardini, il corsaro, ha un nuovo trionfo. L’imbarcazione va forte, il 25 gennaio 1992 a San Diego inizia la Luis Vuitton Cup, tra le otto imbarcazioni c’è il Moro di Venezia che vince la competizione e di diritto viene ammessa all’ambita competizione mondiale “coppa America”, dove purtroppo il gioiello Italiano non riesce ad aggiudicarsi il titolo.

    Nello stesso periodo iniziano le indagini per l’inchiesta “mani pulite”, i primi avvisi di garanzia, i primi arresti e nei fascicoli dell’inchiesta arriva il nome della Enimont. Dall’inchiesta emerge la responsabilità per corruzione, con successivo arresto, del giudice che su richiesta del Ministero delle Partecipazioni Statali, aveva disposto il sequestro delle azioni Enimont in capo alla Montedison, corruzione della parte pubblica.

    L’inchiesta arriva a Gardini ed a tante figure che in un modo o nell’altro hanno avuto a che fare con l’operazione Enimont; tutto parte da Giuseppe Garofalo, per un finanziamento elettorale, collabora con i magistrati e parla, il 13 febbraio 1993 viene interrogato Gabriele Cagliari, il 25 febbraio viene rinvenuto il cadavere di Sergio Castellari, il 26 febbraio il primo avviso di garanzia a Gardini, il 9 marzo viene arrestato Cagliari.

    Per Gardini è un momento bruttissimo, oltre alla pressante azione della magistratura, la Montedison, dalla quale era fuori dalla gestione da due anni, viene commissariata dalle banche creditrici per esubero di debito.

    cuccia-schimberni-gardini

                Gardini concorda con Garofalo di incontrarsi per pianificare la difesa ed accordarsi su come portare avanti la questione, così avviene e si danno appuntamento per il 13 luglio a Ginevra, però all’arrivo all’aeroporto di Ginevra, Garofalo viene arrestato e riportato in Italia, probabilmente a qualcuno non era sfuggito questo contatto, ovvero, aveva riferito a chi di dovere.

    Le cose precipitano, il 20 luglio Gabriele Cagliari viene trovato morto nella sua cella della casa circondariale di San Vittore a Milano.

    Il 22 luglio, Gardini tramite il suo legale si mette a disposizione della Procura per testimoniare, ovvero, collaborare con la giustizia per le indagini che stavano andando avanti. Ma ha paura di essere arrestato come per Cagliari e trattenuto in carcere senza sapere per quanto.

    L’interrogatorio era stato fissato per il 23 luglio 1993, ma quella mattina, il maggiordomo di casa Gardini, Palazzo bel Gioioso di Milano, sale in camera e lo trova disteso sul letto morto.

    Qui entriamo nella parte inerente la criminalistica, Gardini viene rinvenuto disteso sul letto, vestito con un accappatoio; sulle lenzuola e sullo stesso accappatoio una grande chiazza di sangue.

    Sulla testa il cadavere del Gardini presenta due fori prodotti, verosimilmente, con un colpo di arma da fuoco, foro di entrata ed uscita, l’arma probabilmente usata è una pistola semiautomatica marca Walther PPK, diciamo che è quella probabilmente usata perché rinvenuta nella scena del crimine; ma la cosa strana, se non ridicola, è il punto di rinvenimento dell’arma, ovvero sul piano del comò ad una distanza di circa due metri dal cadavere. Non esiste nessun testimone che abbia addotto di aver toccato o spostato l’arma, nessuno ha modificato la scena del crimine, questo dagli atti dell’organo investigatore, quindi, essendo stato definito il caso come “suicidio”, le cose sono due, o il Gardini si è sparato alla testa, poi dopo aver posto l’arma sul comò si è adagiato sul letto, oppure, il forte rinculo del colpo ha fatto schizzare via l’arma dalla mano del Gardini per essere proiettata sul piano del comò; a mio modestissimo parere, non regge ne l’una ne l’altra ipotesi di ricostruzione.

    pistola e caricatore

                Ma dai rilievi ed accertamenti emerge altro, nessuno nel palazzo, compreso il maggiordomo ha sentito esplodere il colpo, sul letto e cuscino non sono stati rinvenuti residui dello sparo. Riguardo quest’ultima questione, ovviamente, mi rifaccio a quello che ho trovato, non ho la certezza di questa cosa non avendo letto gli atti del sopralluogo di Polizia Scientifica e, tantomeno, partecipato al sopralluogo, però è strano che qualcuno abbia citato questo particolare, quanto è strano, come è successo per Sergio Castellari, che non esista traccia della ricerca dei residui dello sparo sulle mani dei due cadaveri, ricerca sia essa con il vecchio sistema del “guanto di Paraffina” o con il nuovo ed attuale detto “stub”.

    In una intervista televisiva il Pubblico Ministero titolare delle indagini, il dott. Antonio Di Pietro, in merito alla morte di Gardini, pienamente sostenendo che si fosse trattato di suicidio, diceva che il maggiordomo, in un momento d’impeto, aveva rimosso la pistola appoggiandola sul comò. Tesi plausibile, ma tesi, infatti non risulta, o quanto meno non ho trovato nessun elemento giornalistico che conforti questa cosa, e se ci fosse stato un verbale di sit-in del maggiordomo come persona informata sui fatti, questo sarebbe stato ripreso da tutti i giornalisti che lavorano nella cronaca.

    di pietro -gardini

                Indagini non approfondite? Non curate? Fatti dati per scontato? O semplicemente comodo per non andare oltre?

    Resta un solo fatto, nel procedimento per la maxi tangente Enimont, sono stati inquisiti diversi soggetti, parecchi politici, imprenditori, Funzionari dello Stato, di tutti questi, solo tre persone non hanno potuto testimoniare perché nel frattempo sono deceduti, Castellari, Funzionario del Ministero delle Partecipazioni Statali, Garofalo e Gardini, imprenditori, nessun politico.

    Durante gli approfondimenti che ho fatto per raccontare questa storia, le tre morti connesse alla Maxi tangente Enimont, mi sono posto, molte volte, queste domande: cosa potevano ancora dire queste tre persone sui fatti? Quanto ancora poteva emergere oltre a quello che l’inchiesta ha evidenziato? La morte dei tre personaggi ha fatto comodo a qualcuno? Ma soprattutto, le indagini ed i rilievi per le morti dei tre uomini sono state svolte con la dovuta accuratezza, precisione e con la mente sgombra da pregiudizi e convincimenti preconcetti?

    Con questo ci dobbiamo salutare, sottolineando che, purtroppo, non sono mai riuscito a darmi le risposte alle domande che ho posto sopra, ed anche se ci ho provato, poi di fatto i dubbi, troppi, restano. Un invito, siete arrivati alla fine dell’articolo, rileggete con attenzione le parole di Raul Gardini, le dichiarazioni con le quali ho aperto questo articolo.

    Accattoli Gabriele

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    2 commenti

    1. Chiara on 28 Aprile 2020 0:12

      Bell’articolo!!!

      Reply
    2. Giuliano on 8 Aprile 2021 7:27

      Esaustivo racconto

      Reply

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