È successo tutto in pochi minuti, all’ora di punta della spesa serale. Erano circa le 18 di ieri quando, in un supermercato di Recanati, due clienti — un uomo di mezza età e un giovane di trentacinque anni — hanno trasformato la coda alla cassa in un campo di battaglia improvvisato.
I carrelli erano già pieni, le borse pronte per essere sistemate. Mancava soltanto il passaggio alla cassa, quello che in genere richiede pazienza e silenzio. Ma qualcosa si è inceppato. L’uomo più anziano, accortosi di aver dimenticato un prodotto, ha lasciato il suo carrello a presidiare il posto in fila. Un gesto banale, fatto migliaia di volte dai clienti di ogni supermercato. Questa volta, però, è bastato a far scattare la miccia: il giovane, vedendo la fila avanzare, ha deciso di prendere quel posto.
Quando l’anziano è tornato, il suo carrello era scivolato dietro: l’anziano, però, lo ha spinto con decisione finendo per urtare il rivale. Da lì la tensione è salita in fretta: voci alterate, insulti e spintoni con i clienti che hanno assistito increduli a quanto stava accadendo: qualcuno ha provato a riportare la calma, qualcun altro ha chiamato i carabinieri.
Al loro arrivo, però, i due contendenti erano già spariti, ciascuno con la propria rabbia e forse qualche livido. Solo la cassiera, visibilmente turbata, è rimasta a raccontare l’accaduto, senza però poter dare elementi utili all’identificazione non conoscendo direttamente i protagonisti.
La scena, per fortuna senza gravi conseguenze, resta però significativa. Racconta di un clima di crescente insofferenza, di una pazienza collettiva che sembra consumarsi. Oggi basta un dettaglio, una precedenza non concessa, un carrello spostato per accendere lo scontro. Non è solo questione di regole non rispettate: è la sensazione diffusa che ci sia sempre qualcuno pronto ad approfittarne, a fare il “furbo”.
Al supermercato, in questo caso, è bastato poco perché la fila diventasse terreno di guerra. Una lite che si poteva evitare con un sorriso o con una parola di comprensione, ma che invece ha messo in scena, ancora una volta, la fragilità della convivenza quotidiana. La domanda, allora, resta la stessa: quanto siamo ancora disposti ad aspettare senza scattare, senza trasformare un semplice turno in un affare personale?