Nella penombra calma di un piccolo garage di via Giovanni XXIII, dove ogni oggetto sembra custodire una storia, Alberto Cecchini trascorre le sue giornate circondato da tele, pennelli e dall’odore caldo dell’argilla. Novant’anni portati con la naturalezza di chi ha sempre avuto le mani immerse nei materiali della creatività,
La sua è una storia che nasce in una famiglia numerosa, sei fratelli, un padre calzolaio “a cottimo” e una madre che non si fermava mai. «Durante la guerra tutti mangiavano il pane nero, noi sempre bianco», ricorda, sottolineando con semplicità il valore del lavoro paterno che aveva garantito qualche sicurezza in più. Gli studi si fermano all’avviamento, poi arriva subito il mondo del lavoro: prima una fabbrichetta a Castelnuovo, poi l’esperienza da Morilli e, dopo il servizio militare, l’ingresso alla Guzzini, dove l’azienda stava sperimentando una sezione dedicata ai rami smaltati. È qui che la sua naturale inclinazione artistica emerge agli occhi di chi lo circonda.
Il salto definitivo avviene alla Ottaviani, dove trascorre trentasei anni diventando progettista e poi direttore artistico. «Di giorno lavoravo per l’azienda, la sera per me: disegnavo, dipingevo, esponevo», racconta con un orgoglio che non cerca mai ostentazione. Nel suo laboratorio costruisce un forno, impara tecniche di cottura e smaltatura, collabora con artigiani esperti. E da quella piccola bottega di Recanati, nel corso dei decenni, escono centinaia di quadri, sculture e pannelli ceramici. Le sue opere viaggiano in tutta Italia, conquistano premi e partecipano a rassegne d’arte sacra e contemporanea.
Tra le esperienze più memorabili c’è la mostra itinerante dedicata a Giacomo Leopardi, organizzata dai Beni Culturali italiani e dal Vaticano: «Durò un anno intero – racconta – toccò Brasile, Argentina, Venezuela, Stati Uniti, Canada. Tutte le opere tornarono a casa sane e salve». I suoi lavori, spesso radicati nella memoria recanatese, alternano soggetti sacri a paesaggi essenziali, nati più da una visione interiore che da un’osservazione diretta. «Dipingo sempre a memoria – dice – non ho bisogno del cavalletto davanti al panorama. Dentro la testa ho già tutto».
E così, anche oggi, a novant’anni, Cecchini continua a tornare ogni giorno nella sua bottega, tra pennelli, argilla e forme che aspettano solo di prendere vita. «Non posso stare senza fare niente – confessa – questa è la mia vita».



