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    Home » Autobianchi 500 Giardiniera: l’ebbrezza della felicità
    Cultura

    Autobianchi 500 Giardiniera: l’ebbrezza della felicità

    Radio ErreBy Radio Erre7 Maggio 20201 commento6 Mins Read
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    Renato Biondini
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    Visualizzazioni: 62

    Uno dei giorni più felici della mia vita è legato al mondo delle auto, avevo 10 anni e mio padre a quei tempi aveva una vecchia Fiat 500 C Giardiniera Belvedere, l’erede della “Topolino”. Era giunto il momento di sostituire la sua auto con una più nuova e affidabile, che fosse adatta anche al suo lavoro. Il tempo passava, giorni settimane, mesi… mio padre non si decideva a comprare questa agognata macchina nuova: desideravo una nuova automobile e la volevo subito! Ogni giorno quel desiderio cresceva, sembrava un sogno…

    In viaggio con papà. Finalmente il giorno tanto atteso arrivò; partimmo da Recanati con la sua vecchia 500 C per andare alla concessionaria Menchi di Macerata, che all’epoca vendeva Autobianchi e Citroën e aveva il salone in via S. G. Bosco, non lontano dal centro storico. Appena entrati nel salone, scorsi l’auto, che sembrava aspettare proprio noi lì all’ingresso: era pronta per essere consegnata nel suo bel colore avorio antico. Anche mio padre era desideroso di provarla: salì subito a bordo sedendosi al posto di guida. Io presi posto sul lato passeggero e, anche se si trattava di una piccola utilitaria, rimasi estasiato: per me la 500 Giardiniera era una macchina fantastica! L’abitacolo era pulito, perfetto, ma ciò che mi ha sorpreso e conquistato era l’odore di auto nuova che respiravo, un profumo che mi inebriava.

    Un’emozione nuova. Entrato in macchina, mio padre fece delle prove per prendere padronanza dei comandi dell’abitacolo, pochi in verità, ma per me era tutto nuovo e affascinante. Aveva la capote di tela che si apriva quasi completamente lasciando aperto l’abitacolo: la consideravo alla stregua di una vera e propria auto “scoperta”. Mio padre scese e andò verso l’ufficio per ultimare le pratiche di acquisto, io ne approfittai per sedermi al posto di guida e assaporare la gioia di averla finalmente con noi: giravo il volante, toccavo i comandi, fingevo di guidarla, sognavo, che momenti felici! Ma il piacere più grande era quell’odore che emanava l’abitacolo, un piacere unico ed estasiante. Posso dire con certezza che quei momenti sono stati tra i più felici della mia vita.

    I momenti più belli. Nel corso degli anni ho continuato a frequentare le concessionarie, mi piaceva salire sulle auto nuove per sentire quell’odore nell’abitacolo e quel piacere scoperto da bambino, ma rimasi sempre deluso: si, l’odore di auto nuova c’era e lo sentivo, però non era così piacevole come quello che ricordavo e che avevo “gustato” la prima volta. Il ritorno a casa con l’auto nuova fu emozionante, la pulizia, quell’odore di nuovo, l’avere finalmente realizzato quel sogno tanto atteso, la sicurezza e la comodità dell’auto… ricordo che cercavo di godermi ogni istante, pieno di eccitazione e di vivo piacere. Guardavo mio padre guidare, anche lui contento e soddisfatto di quell’auto nuova e moderna, mi sorrideva orgoglioso. Ricordo con tanta nostalgia ed emozione quel momento: una delle poche volte che lo vidi così felice. Eravamo complici, perché entrambi condividevamo la stessa piacevole emozione, un’ora tutta nostra, dimenticando il resto. Istanti indimenticabili che ti segnano per sempre.

    Il tempo passa, l’amore resta. Con il passare del tempo l’auto sfiorì, mio padre faceva molti chilometri per lavoro e l’auto un po’ ne risentiva. Lavavamo spesso la nostra auto, ma non poteva tornare nuova. I segni del tempo erano evidenti, ma per noi era sempre la nostra beniamina, un’auto piccola e umile, ma che ci dava anche delle belle soddisfazioni accompagnandomi in mille piccole grandi avventure. L’Autobianchi 500 Giardiniera era molto versatile e robusta, si adattava bene alle più svariate necessità, partendo dalla base mitica Fiat 500, la piccola utilitaria che è stata per molti un simbolo e un traguardo di libertà. Una familiare tutta nuova. In casa Fiat alla fine degli anni ’50 si pensava a una familiare utilitaria di nuova concezione che sostituisse la Fiat 500 C Belvedere, ultima evoluzione della “Topolino”. Per questa familiare adatta alle famiglie e al lavoro, si pensò di utilizzare la base della Fiat Nuova 500 lanciata nel 1957, ma le modifiche da apportare al pianale originario furono importanti. Per prima cosa il passo della “berlina” venne allungato di 210 mm, ma il motore della 500 era troppo alto e non poteva essere montato sotto il pianale, perché impediva di avere un vano di carico capiente e completamente piatto.

    Sogliola. Per far fronte a questa necessità, venne progettato un nuovo propulsore scaturito dalla mente di uno dei più brillanti progettisti dell’epoca, il vulcanico Dante Giacosa, che riuscì a sviluppare un motore bicilindrico disposto orizzontalmente. Un’unità estremamente compatta e soprattutto, con un ridotto ingombro verticale, denominata “a sogliola”. Oltre al motore vennero riprogettate l’accensione, l’alimentazione e l’aspirazione dell’aria: per montare il grande portellone posteriore si dovettero eliminare le feritoie sulla copertura del cofano motore della berlina, perciò vennero ricavate due grigliette di aspirazione laterali, poste dietro i cristalli posteriori, per convogliare l’aria nel vano motore. Vennero cambiate le sospensioni con una nuova balestra all’avantreno, ma soprattutto nuove molle e ammortizzatori rinforzati al retrotreno, in vista di un maggior carico da sostenere. Il sistema frenante venne potenziato montando i freni della 600 e adottate ruote dal disegno specifico anch’esse diverse da quelle della 500 berlina. Soltanto l’abitacolo rimase identico alla berlina.

    Un’auto, due marchi. La nuova familiare denominata Fiat 500 Giardiniera viene presentata nel 1960, accanto alla versione standard indicata comeGiardinieravennero presentate altre due versioni prodotte per poco tempo e in un numero di esemplari decisamente più basso: una versione più elegante, la Bianchina Panoramica, e la versione commercialefurgonata, caratterizzata da un ampio vano di carico ottenuto con l’eliminazione del sedile posteriore. Su questo modello i finestrini posteriori e il tetto apribile di tela erano sostituiti da lamiera. Nel 1968, quando l’Autobianchi venne totalmente acquisita dal gruppo Fiat, la Giardiniera viene commercializzata dall’Autobianchi con la denominazione 500 Giardiniera e con piccole modifiche estetiche: il volante e il tachimetro ora inplastica nera, come le grigliette laterali per l’aspirazione dell’aria, mentre i finestrini posteriori, con apertura a scorrimento diventano apribili a compasso; infine, il fregio Autobianchi sulla calandra.

    Grande lavoratrice. La Fiat 500 berlina terminò la sua carriera nel 1975, mentre l’Autobianchi 500 Giardiniera, grazie alla sua versatilità, rimase in produzione altri due anni, fino al 1977. In totale vennero prodotte circa 330.000 Giardiniera, un numero nettamente inferiore a quello della berlina, trattandosi di una versione da lavoro. Tuttavia, è importante ricordare la Giardiniera per il suo contributo alla crescita economica del nostro Paese: questa familiare compatta veniva utilizzata prevalentemente da piccoli imprenditori, artigiani, agricoltori e commercianti di ogni tipo, ciascuno con la sua storia da raccontare. Citarle tutte sarebbe impossibile, ma raccontandovi della 500 Giardiniera voglio ricordare un periodo di grandi speranze, quando a un bambino di 10 anni bastava una semplice utilitaria per provare l’ebbrezza della felicità.

    tratto da “Ruoteclassiche”, https://ruoteclassiche.quattroruote.it/autobianchi-giardiniera-la-mia-prima-scoperta/?fbclid=IwAR3ynqfp3wny3t4SUxq4ipmYsVPT09Zr3UscmbXS9HZI4FbMpdW_JsI3AwM

     

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    1 commento

    1. Alberto on 10 Maggio 2020 10:01

      La Bianchina Cabrio nasce nel 1959 e porta la firma dell’ingegner Luigi Rapi, il progetto realizza il desiderio di un miliardario americano che voleva un’automobile scoperta derivata dalla “Bianchina Trasformabile” del 1957.

      I primi esemplari escono dalla catena di montaggio a partire dal 1960, diventando così la più piccola cabrio al mondo, la presentazione ufficiale avvenne al salone di Ginevra del mese di aprile dello stesso anno. La Cabriolet diventò l’auto ideale per le calde serate estive, un vero e proprio oggetto del desiderio nelle località di villeggiatura alla moda e nel traffico caotico delle grandi città. La realizzazione, apparentemente semplice, parte dall’eliminazione dei montanti metallici della versione “Trasformabile”, mentre la base meccanica è la stessa della Nuova Fiat 500, nata anche lei nel 1957. A differenza della piccola utilitaria torinese, la capote nera in tela gommata della Bianchina si può aprire completamente.

      Sulle fiancate era presente una bellissima fascia smaltata in nero lucido, un altro particolare che la rendeva appetibile, da parte dei giovani, erano i cerchi delle ruote con la doppia colorazione alluminio al centro ruota e il canale nero lucido. La tappezzeria interna era in vinilpelle a supporto semielastico, molto in voga in quel periodo, realizzato dalla Pirelli Sapsa e disponibile in azzurro, beige, avorio e corallo. La parte alta dei sedili non si presentava più a forma di V ma diritta, con delle inedite e caratteristiche cuciture a coste verticali imbottite. Quest’ultimo dettaglio era assente nelle versioni per il mercato estero. Il rivestimento bicolore delle portiere era caratterizzato da una lunga fascia bassa nera con inseriti una tasca portadocumenti e due bottoni.

      La produzione della Cabriolet prima serie proseguì per otto mesi con un notevole successo commerciale (circa 1.050 esemplari prodotti) fino alla fine del 1960, quando le novità tecniche introdotte dalla Fiat per la 500 D furono riprese dall’Autobianchi per realizzarne una versione modificata e migliorata che arrivò nella primavera del 1961 e fu identificata dalla sigla “Cabriolet Seconda Serie A”.

      La casa automobilistica si convinse che quella vettura potesse rappresentare un sicuro investimento per i mercati stranieri, soprattutto grazie alla ricca dotazione di fregi, faretti con forma circolare, cromature e la splendida mascherina grigliata. Nei primi sei mesi ne furono venduti molti esemplari, nonostante il prezzo di 635.000 lire e l’abitabilità interna ridotta a soli due soli posti. Il target dell’auto era chiaramente quello dei giovani benestanti e di chi desiderava una vettura per la città o da mostrare nelle località di mare più chic. Oltre agli Stati Uniti, i mercati di maggiore assorbimento sono stati quelli di Francia, Germania, Olanda e Inghilterra, alcuni esemplari sono stati esportati anche in Africa e Australia.

      Qualche anno fa, a Firenze, si è tenuto il primo concorso nazionale di eleganza per autovetture “Bianchina”, la cosiddetta “eleganza discreta degli anni Sessanta”. Per l’occasione sfilarono 40 autovetture d’epoca, grazie all’organizzazione del Bianchina Club con la collaborazione del Club Auto Moto d’Epoca Toscano. I partecipanti indossarono l’abbigliamento in tema con il periodo dell’autovettura presentata. In quell’occasione si calcolò che in Italia vi erano ancora circa 2.500 Bianchina non radiate. Le regioni dove erano più diffuse risultarono il Veneto e la Sicilia. Il Club ha il maggior numero di soci in queste regioni ma tutte le delegazioni sono attive e organizzano ogni anno una decina di raduni in Italia e all’estero.

      Le quotazioni della Bianchina sono salite sensibilmente negli ultimi anni, forse proprio per l’intensa attività del Club che ne ha rinnovato l’immagine e promosso la conoscenza tra gli appassionati di auto d’epoca e non. I prezzi, approssimativamente, vanno dai 5000 euro per berlina e la panoramica ai 10.000 per la trasformabile ed anche oltre 15.000 euro per la cabrio. Ovviamente conta molto lo stato di conservazione e originalità, potendo essere il costo di un restauro ben fatto superiore al valore commerciale. Il Bianchina Club è molto conosciuto all’estero, con soci in Francia, Svizzera, Germania, Danimarca, Gran Bretagna, Olanda, Svezia, Sudafrica e Stati Uniti.

      Il mondo del cinema non è rimasto insensibile al fascino della Bianchina, era l’automobile del Rag. Fantozzi, interpretato da Paolo Villaggio, mentre una bellissima cabrio rossa è apparsa nel finale di La Pantera Rosa, guidata da un attore mascherato da Gorilla. La Bianchina Panoramica compare in Thrilling, un film in tre episodi del 1965 diretto da Carlo Lizzani, Ettore Scola e Gian Luigi Polidoro, in quello intitolato Autostrada del sole, con Alberto Sordi.

      Nel 1967, l’aumento delle vendite convinse il reparto commerciale (ormai sotto il controllo della Fiat) a continuare la produzione della Bianchina cabriolet, che cessò nel 1969, sostituita dalla nuova A112. L’auto non ha visto la luce degli anni settanta, dove probabilmente avrebbe avuto ancora mercato, restando nell’immaginario collettivo ed entrando di diritto nel mito.

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