La principale motivazione per visitare la mostra Caravaggio 2015 a Roma, nelle sale di Palazzo Barberini attualmente in corso fino al 6 luglio, è la possibilità di ammirare circa venti dipinti di questo genio, alcuni dei quali provenienti da collezioni lontane e raramente esposti al pubblico. È normale, pertanto, che capolavori come i Bari, la Giuditta e Oloferne, la Flagellazione, la Conversione di Saulo di Collezione Odescalchi, l’attesissimo Ecce Homo, appena scoperto, attirino un flusso continuo di appassionati e visitatori. Peccato che la disponibilità dei biglietti si è esaurita in tempi record, a testimonianza del forte richiamo esercitato dal genio caravaggesco.
L’esperienza di visita di un fine settimana, si è presentata come una sfida a causa del sovraffollamento che ha compromesso l’intimità e l’attenzione ai dettagli delle opere, rendendo difficile apprezzarne appieno gli effetti di profondità. Le sale di Palazzo Barberini si sono rivelate inadatte ad accogliere gruppi numerosi di visitatori che, spingendo e sgomitando, cercavano di fermarsi qualche istante davanti ai capolavori, prima di essere spinti via dal gruppo successivo. La fugace contemplazione delle opere è avvenuta nella confusione di folla e di voci che ha impedito di immergersi pienamente nell’intensa atmosfera delle opere e di cogliere i dettagli più sottili che rendono unici questi capolavori, mettendo a dura prova la pazienza.

Nonostante ciò, l’emozione di poter vedere da vicino alcuni dei dipinti più celebri di Caravaggio rimane un’esperienza indimenticabile, testimonianza del suo straordinario talento e della sua influenza sull’arte occidentale di tutti i tempi. Non si può rimanere insensibili davanti alla stupenda Cattura di Cristo, oggi alla National Gallery di Dublino. Una “sentinella” di fianco al quadro ti avverte che l’opera non si può fotografare, ma uno scatto lo puoi rubare da lontano. Il quadro, uno dei più belli in mostra insieme alla la Santa Caterina d’Alessandria, è stato attribuito con certezza a Caravaggio da Francesca Cappelletti che scoprì proprio a Recanati, nell’archivio inaccessibile e dimenticato della famiglia Mattei, la prova che un originale di Caravaggio era stato venduto nel 1802, con un’attribuzione errata a Gerrit van Honthorst. L’avvincente storia del ritrovamento è stata raccontata in un libro di Harr Jonathan, “Il Caravaggio perduto”.

Caravaggio attrae, commuove, scatena forti passioni. La sua pittura è di un realismo inarrivabile, capace di penetrare nell’anima dello spettatore. La sua vita, segnata da passioni e violenze estreme, affascina e inquieta. Il suo modo di vedere la realtà riflette una tensione emotiva e spirituale che si manifesta in ogni sua tela. L’uso della luce, così innovativo e potentemente evocativo, ha lasciato un segno indelebile, influenzando fotografi, registi cinematografici e altri creativi di ogni epoca. Caravaggio è diventato un’icona pop, un simbolo universale che piace proprio a tutti, dai cultori dell’arte agli appassionati più casuali.
Alla fine, si lascia la mostra con un senso di insoddisfazione, poiché più che un’esposizione autenticamente dedicata alla riflessione artistica e culturale, sembra essere stata concepita principalmente per massimizzare i profitti e accontentare il grande pubblico. L’aspetto scientifico e culturale, ovvero l’obiettivo di “offrire una nuova e approfondita riflessione sulla rivoluzione artistica e culturale di Caravaggio, esplorando per la prima volta in un contesto così ampio l’innovazione che introdusse nel panorama culturale, religioso e sociale del suo tempo”, appare invece molto debole e spesso relegato in secondo piano.
Caravaggio 2025, pur rappresentando un’occasione unica per immergersi nel mondo di uno degli artisti più rivoluzionari della storia, pone anche interrogativi sulla modalità di fruizione e sull’organizzazione degli eventi culturali di grande richiamo. Forse è il momento di riconsiderare come si organizzano eventi di questa portata: sì alla quantità, ma anche alla qualità di fruizione, con la speranza che le prossime esposizioni possano trovare il giusto equilibrio, cosicché ogni opera possa finalmente essere goduta nella sua intera profondità, senza doverla conquistare tra una spinta e l’altra. Perché, dopotutto, l’arte merita ben altro rispetto.
-Nikla Cingolani