Una volta la campagna era sinonimo di pace. Oggi, per alcuni, è diventata terra di trincea. È il caso di Vitangelo Cola, 78 anni, agricoltore da sempre, che vive in via Chiarino, a Recanati. La sua quotidianità non è più scandita solo dal ritmo delle stagioni e dal lavoro nei campi, ma da un’inquietudine crescente: quella di dover difendere, ogni giorno e ogni notte, gli animali del suo piccolo allevamento domestico da predatori sempre più audaci.
«Siamo sotto assedio, è come vivere in guerra», racconta con voce stanca. Le incursioni di lupi e volpi sono diventate all’ordine del giorno, spesso anche alla luce del sole. Galline, oche, papere: uno alla volta, gli animali spariscono. «L’altra notte è toccato a una gallina, pochi giorni prima a un’oca. Non so se è stato un lupo o una volpe, ma il risultato non cambia: restano solo qualche piuma e le ossa. E spariscono anche cani e gatti. È successo ai nostri vicini».
La voce di Vitangelo si spezza quando rievoca i tempi in cui l’aia era un luogo vivo, popolato da animali liberi di razzolare. «Una volta lasciavamo tutto aperto. Oggi non posso più permettermelo. Ho recintato l’area, ma li faccio uscire solo quando sono lì, a controllare. È cambiato tutto. E non in meglio».
Secondo il suo racconto, la zona un tempo era riserva di caccia e le presenze selvatiche si mantenevano sotto controllo. «C’erano le volpi, ogni tanto si vedeva un cane randagio. I lupi, invece, mai. Ora invece è diventata una consuetudine: passano da un vecchio laghetto prosciugato, che usano come rifugio. Si fanno vedere anche di giorno. E se c’è un bambino in giro, bisogna stare doppiamente attenti».
Più ancora che il danno economico, a pesare è il senso di impotenza. «Una volta hanno sbranato un pony in un maneggio qui vicino. È stato denunciato, ma non è cambiato nulla. Non dico che bisogna sterminarli, ma qualcosa va fatto. Un conto è proteggere la fauna selvatica, un altro è lasciarla libera di distruggere tutto».
Vitangelo ha provato di tutto: recinzioni, reti, chiusure rinforzate. Ma i predatori riescono comunque a entrare. «Aspettano il momento giusto. Due papere che stavano covando sono sparite in una notte. Non è rimasto neanche un uovo».
Così, quelli che un tempo erano spazi aperti e vissuti ora sembrano una piccola fortezza assediata. Gli animali vivono chiusi, e lui, che ha trascorso una vita intera all’aria aperta, è costretto a sorvegliare giorno e notte.
«Non è giusto», dice scuotendo la testa. «Ho quasi 80 anni. Ho visto la campagna cambiare. Ma così… così è diventata invivibile».