C’era una volta, nel lontano 2013, un Comune virtuoso – Recanati – che lanciava un bando per aiutare le famiglie in difficoltà a trovare casa. L’idea era semplice: affittare appartamenti da generosi privati e rimetterli sul mercato a un canone calmierato, con il Comune a fare da garante. Insomma, tutti felici: i poveri con una casa, i proprietari col Comune alle spalle, e l’Amministrazione con un bel progetto sociale da sbandierare.
Ma come tutte le favole moderne, anche questa è finita con una citazione in tribunale.
Sì, perché uno di quegli appartamenti, affittato con tanto di bollino “concordato”, è stato restituito nel 2024 – dopo una lunga e appassionante odissea durata quasi undici anni – in condizioni tali da far impallidire i peggiori incubi di “Cucine da incubo”. I proprietari, che nel 2020 avevano deciso che forse era ora di cambiare hobby, hanno ottenuto il rilascio solo a febbraio 2024, dopo aver varcato tutte le tappe del classico gioco dell’oca dello sfratto.
E cosa hanno trovato dentro? Un set perfetto per girare un film post-apocalittico: muffa artistica sui muri, docce senza piatto (stile campeggio spartano), porte trasformate in installazioni concettuali e una collezione di danni per un totale stimato – udite udite – in quasi 30 mila euro.
Dopo un po’ di tira e molla, il Comune ha deciso di chiudere la faccenda con un gentile “saldo e stralcio” da 16 mila euro. Una cifra che, fortunatamente, era già stata infilata nel bilancio 2025, magari accanto al capitolo “speriamo bene”.
Il sindaco Emanuele Pepa, con la pazienza di un parroco in confessionale, ha ammesso che questo non è un caso isolato: «Abbiamo pagato più di 200 mila euro per danni a case altrui. Una roba da matti!». E ha anche illustrato il cuore del problema: il Comune, in questa brillante operazione, si fa garante non solo dell’affitto, ma pure dei danni. Tradotto: se l’inquilino decide di giocare a “Sfondamento Totale” con le pareti, a pagare è la collettività.
Oggi, dei 13 o 14 appartamenti iniziali ne restano per fortuna solo tre sotto questo schema.
Morale della favola? L’housing sociale è importante, ma quando l’unico a rimetterci è chi apre la porta di casa… qualcosa forse non ha funzionato. O meglio, ha funzionato benissimo. Basta chiedere al muratore.