La chiesa di San Giuseppe, situata nel cuore di San Severino Marche e affacciata sulla piazza principale della città, rappresenta un prezioso esempio di architettura barocca ancora presente nel patrimonio storico locale, testimonianza di un’epoca di grande fervore artistico e religioso. Costruita nel 1768 su progetto dell’architetto Gaetano Maggi, su incarico di Vincenzo Tinti, sostituisce una precedente chiesa realizzata nel 1627 dal nobile sacerdote Giuliano Tinti, è senza dubbio tra le più frequentate dai fedeli, sia per la sua posizione centrale sia per motivi affettivi e devozionali di lunga tradizione.
Il 31 dicembre 2009, la chiesa fu colpita da un grave incendio causato da un corto circuito elettrico, che provocò danni significativi alla struttura e alle opere d’arte al suo interno. Tra le parti più colpite, l’altare laterale destro, eretto nel 1630 dall’Università della Lana. Inizialmente dedicato a San Severino fu trasformato all’inizio del Novecento in un Altare della Madonna con l’aggiunta di una statua in gesso della Madonna di Lourdes di fattura settecentesca.
In occasione del restauro, progetto firmato dall’architetto settempedano Luca Maria Cristini, si è deciso di adottare un approccio innovativo e rispettoso delle teorie di Cesare Brandi, uno dei più importanti critici e storici dell’arte, fondatore della teoria del restauro moderno. Piuttosto che procedere con una semplice ricostruzione fedele di ciò che era stato perduto, si è scelto di valorizzare l’intero spazio interno, costruito nel primo Seicento e successivamente ampliato, evitando il vuoto lasciato dall’incendio, che avrebbe potuto compromettere l’armonia dell’ambiente. Il vuoto è stato colmato con la sagoma e il volume del precedente altare adottando una sorta di “rigatino” tridimensionale, come nel restauro dei quadri , fissate su una struttura metallica che si aggancia alla parete. Il nuovo elemento, ha quindi trasformato un danno in un’opportunità di dialogo tra passato e presente, offrendo ai fedeli e ai visitatori una nuova interpretazione dello spazio sacro, in cui l’arte, la storia e la spiritualità si incontrano in un equilibrio delicato e rispettoso.
All’interno della nicchia, la scultura della Madonna sopravvissuta all’incendio e all’acqua dei vigili del fuoco, è stata nascosta dietro un pannello: non è più visibile, ma resta comunque un simbolo importante. Al suo posto, in vista, è stata collocata su uno sportello una pala d’altare proveniente dalla sagrestia, restaurata nei laboratori dell’Accademia di Belle Arti di Macerata e dipinta dal fiammingo Ernst van Schayck.
Tuttavia, aprendo lo sportello, si può tuttora ammirare la statua della Madonna di Lourdes, danneggiata dall’incendio e priva di alcune parti, ma comunque sopravvissuta alle fiamme e all’acqua dei pompieri. La sua imperfezione, che evidenzia le vicende vissute, conferisce alla statua un carattere ancor più unico e significativo. Questa assenza di parti, che testimonia le vicissitudini affrontate, trasmette un messaggio di resilienza e fede. La statua, pur imperfetta, resta un simbolo di speranza e devozione, invitando i fedeli a riflettere sulla forza dello spirito umano di fronte alle avversità.
L’intervento di restauro e di valorizzazione della chiesa di San Giuseppe si configura così come un esempio di come le tecniche moderne possano essere impiegate per rispettare la storia, l’arte e la spiritualità di un luogo sacro, valorizzando la memoria e la fede della comunità locale. La “Madonnina nascosta”, celata dietro il pannello, diventa così un simbolo di resilienza, testimonianza visiva di come anche le ferite più profonde possano essere integrate in un percorso di recupero e rinascita, mantenendo vivo il patrimonio culturale e spirituale della comunità di San Severino Marche.
-Nikla Cingolani
Sul piano dell’altare è stato ricollocato un quadro ovale raffigurante il Sacro Cuore, opera del pittore locale Lucio Tognacci (1813).
Pala d’altare dipinta dal fiammingo Ernst van Schayck (1567-1631), che raffigura la Vergine col Bambino tra i santi Giovanni Battista e San Giuseppe. In basso, sono rappresentati San Carlo Borromeo e San Filippo. Van Schayck, arrivato dalle Fiandre e stabilitosi a Castelfidardo, è stato un artista particolarmente attivo nella regione, lasciando numerose opere a Castelfidardo, Filottrano, Macerata, Matelica, Montelupone, Mondolfo, Ripatransone, Sassoferrato e Serra dei Conti e Recanati (dove si trovano due opere: “San Carlo Borromeo genuflesso”, conservata nella chiesa di Beato Placido, e il “Ritratto di Barbara Moroni”, di proprietà della famiglia Leopardi). Le sue opere si distinguono per un disegno armonioso e un uso equilibrato del colore, con un linguaggio spiritualmente accessibile e vicino alla religiosità popolare.