Nessuna iscrizione respinta, nessun intervento del Comune per contenere le classi in esubero, nessuna strategia per evitare costi alla Provincia. Il dirigente del Liceo “Giacomo Leopardi”, Ermanno Bracalente, fa chiarezza sulla polemica esplosa nei giorni scorsi sulle iscrizioni e sui presunti limiti imposti per non superare la soglia dei 570 studenti a Palazzo Venieri, sede del Classico e dell’indirizzo Umanistico.
Bracalente parte dai numeri: «Il calo della popolazione scolastica era previsto. A febbraio abbiamo accettato tutte le iscrizioni, senza alcuna eccezione. È giusto che chi vive a Recanati o nei dintorni possa frequentare qui».
Le uniche rinunce hanno riguardato la fase successiva, quella dei cambi d’indirizzo: «In primavera c’è sempre chi ritira la domanda o chiede di trasferirsi da un corso all’altro. Ma per rispettare il tetto dei 570 posti non abbiamo potuto accogliere i secondi ripensamenti, come il passaggio dallo Scientifico al Classico». Una decisione organizzativa, non politica, e prevista già molti mesi prima.
Il dirigente ricostruisce anche il quadro logistico: «A settembre eravamo leggermente oltre i 570, ma la scuola ha aperto regolarmente perché avevamo predisposto un piano approvato dagli organi collegiali: monitoraggio delle presenze, verifica tramite registro elettronico e, se necessario, smart working per parte del personale amministrativo. Non è mai servito, ma tutta la documentazione è stata predisposta e condivisa anche per la sicurezza».
Capitolo settimana corta, tema sollevato più volte dagli amministratori per ragioni legate ai trasporti. «È vero, il Liceo è l’unica scuola della città a non averla. Il sindaco Pepa e l’assessore Baldelli si sono espressi favorevolmente, ma senza pressioni», precisa Bracalente.
Qui la procedura è netta: decide il Collegio Docenti, mentre il Consiglio d’Istituto ratifica. A settembre la proposta era stata presentata, ma i docenti l’hanno respinta quasi all’unanimità.
E gli altri attori? I genitori hanno risposto a un sondaggio informale con risultati poco definiti. Gli studenti, invece, hanno condotto un’indagine dettagliata, classe per classe: «Hanno detto chiaramente di no. Temevano di perdere un pomeriggio utile allo studio e sono consapevoli che al Liceo molte attività — teatro, lingue, certificazioni, laboratori — si svolgono nel pomeriggio e con la settimana corta verrebbero sacrificate».
Bracalente, in conclusione, non nasconde la sua posizione: «Personalmente ritengo che la settimana lunga distribuisca meglio il carico didattico, soprattutto in una scuola a forte impronta teorica com’è il nostro liceo».
