La vicenda dell’ospedale di Cattinara, dove un paziente cardiopatico non ha ricevuto un intervento salvavita per il rifiuto di vaccinarsi, rappresenta un caso emblematico di crisi etica e professionale nella sanità italiana. Secondo il dott. Roberto Festa, medico di famiglia e presidente del Centro Aiuto alla Vita di Loreto, questo episodio riflette una perdita della relazione solidale tra medico e paziente, sostituita dall’applicazione impersonale di protocolli, in un contesto dove la cura è subordinata a logiche ideologiche e burocratiche.

Festa sottolinea come la pandemia abbia acuito una frattura preesistente tra due visioni del bene sanitario: una oggettiva e orientata al paziente, e una collettivista, che ha portato a una sorta di “socialismo sanitario”. L’introduzione forzata dei vaccini, senza considerare le specificità dei pazienti, ha incrinato la fiducia reciproca e generato divisioni. Il caso di Trieste, aggravato da una comunicazione inadeguata e toni disumani verso il paziente, è per Festa un esempio di come si sia smarrita l’etica del “primum non nocere”, sacrificando la libertà di cura e i valori fondamentali della medicina.

Inoltre, l’intervista evidenzia un aspetto trascurato dal dibattito pubblico: gli effetti avversi dei vaccini, come amenorree precoci e altre patologie, e la pressione per negare o minimizzare tali fenomeni. Festa denuncia una gestione sanitaria che ha abusato del potere acquisito durante la pandemia, portando a una medicalizzazione coercitiva e a una sperimentazione di massa senza adeguate precauzioni, compromettendo il rapporto di fiducia con i pazienti.

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7 commenti

    • è un medico che si è vaccinato subito, nonostante le doverose perplessità, per andare a visitare tutti quelli che avevano bisogno, positivi e non….a differenza di altri suoi colleghi indegni. Lui è un medico si, gli altri che si spacciano per tali invece, in molti casi, non parrebbero

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