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Cosa c’è dietro la nascita della Repubblica Italiana? Quali verità sono state taciute o distorte nella narrazione ufficiale che ci accompagna da decenni? Con il suo libro Una Repubblica nata male, Renato Biondini ci accompagna in un viaggio tra storia, politica e potere, mettendo in discussione molte certezze considerate intoccabili.

Nel corso dell’intervista, l’autore espone una lettura lucida e senza sconti: l’Italia, sin dalla fine della Seconda guerra mondiale, sarebbe stata posta sotto il controllo degli Stati Uniti, trasformandosi in una vera e propria colonia americana. Il legame tra le forze armate statunitensi e la mafia durante lo sbarco in Sicilia, le ingerenze del Patto Atlantico, il ruolo dell’intelligence americana nelle stragi che hanno insanguinato il paese: tutto contribuisce a delineare un quadro inquietante in cui la sovranità nazionale appare più una finzione che una realtà.

Biondini attacca anche i miti fondativi della Repubblica. La Resistenza, pur riconosciuta come momento importante, viene presentata come un evento in parte manipolato dalla storiografia ufficiale, funzionale a costruire un’identità democratica mai pienamente realizzata. Alla fine del fascismo, secondo l’autore, non seguì una vera epurazione: molti compromessi con il passato rimasero intatti, mentre le leggi del regime continuarono a vivere nell’ordinamento repubblicano, nonostante l’entrata in vigore della Costituzione.

Ma il punto più delicato dell’analisi è forse quello relativo al ruolo della violenza nella storia dell’Italia repubblicana. Dalla strage di Portella della Ginestra del 1947 alle stragi mafiose del biennio 1992-1993, Biondini traccia una linea di continuità che parla di strategia della tensione, di depistaggi, di verità mai completamente rivelate. Stragi non solo come atti criminali, ma come strumenti politici per mantenere l’Italia in uno stato di debolezza etica e istituzionale, utile a poteri interni e stranieri.

L’intervista si chiude con la riflessione sul 1994, anno in cui si chiude simbolicamente la Prima Repubblica con l’ascesa di Forza Italia. Ma per Biondini, più che una nuova era, si tratta della conferma di un sistema che si trasforma solo in superficie, restando ancorato alle stesse dinamiche di dipendenza e compromesso.

Renato Biondini non si limita a raccontare eventi: ci invita a guardare oltre le narrazioni dominanti, a porci domande scomode, a riconoscere i nodi irrisolti della nostra democrazia. E lo fa con coraggio, nella convinzione che solo affrontando le verità negate si possa pensare a una Repubblica finalmente libera, sovrana e davvero compiuta.

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1 commento

  1. Gianni Bonfili on

    per quanto io sono riuscito a capire dallo studio della nostra Italia,vere rotture di fronte non ci sono mai state : l’Italia dei Comuni,con il tramonto dell’Italia feudale,che,poi, è riuscita a riciclarsi sotto altre vesti,con gli scontri armamti,ad esempio,tra Recanati e Loreto,o con Osimo,è andaai avanti per secoli.La Nazione come storia unitaria non ha mai preso il volo.Prova ne sia che il fascismo,come mentalità deiffusa, c’era prima del ventennio e c’è ancora adesso,forse ancor più accentuato.

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