Si è concluso sabato 7 giugno nella Mediateca Comunale di Recanati, il percorso dedicato alle “Geografie Fragili”, culminato con un evento finale che ha visto la presentazione del libro “Ambiente e biodiversità della Val di Bove e della Val di Panìco nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini”, scritto dal Prof. Fabio Taffetani, botanico e Professore Ordinario di Botanica presso l’Università Politecnica delle Marche e l’intervento di Marta Zarelli, guida ambientale escursionistica e autrice della recente pubblicazione Escursioni sui Monti Sibillini.
Durante la presentazione, Paolo Coppari, organizzatore con Lidia Massari e Marco Moroni dell’Associazione E quindi il Monte insieme a Uniper Recanati “Don Giovanni Simonetti in collaborazione con Cantieri Mobili di Storia, e Istituto Storico di Macerata, ha sottolineato come questo ciclo di incontri, iniziato con “Fogli d’Autunno”, hanno delineato percorsi imprevisti, segno di una grande vivacità e capacità di adattamento del progetto. Sviluppatisi tra la fine di maggio e l’inizio di giugno, questi appuntamenti si sono arricchiti nel tempo di consapevolezza, testimonianze e riflessioni condivise superando gli obiettivi iniziali, mostrando tutta la loro forza e capacità di generare nuovi stimoli. “Questi incontri non sono semplici presentazioni di libri, – ha detto- ma veri e propri momenti di impegno e passione, incontri militanti nel senso più autentico del termine, in cui si manifesta un sincero attaccamento ai territori di cui ci occupiamo. Oggi parliamo della biodiversità dei territori appenninici e interni non solo per ammirarne l’incomparabile bellezza, ma anche per prendercene cura e difenderli da operazioni speculative e predatorie.”
Il significato e gli obiettivi di questi incontri sono stati discussi approfonditamente, ed è emersa una riflessione importante: sebbene parlare di “fragilità” sembrava un invito a non partecipare, in realtà racchiude molte valenze positive. La fragilità, infatti, rappresenta un segno di vulnerabilità, ma anche un’opportunità per attivare azioni concrete di salvaguardia e rispetto di quei territori che ospitano le fragilità.
Marco Moroni ha ribadito che non si tratta soltanto di presentare un libro, ma di promuovere un progetto di lunga durata, che coinvolge da anni il gruppo di ricerca del prof. Taffetani. Il libro ha come obiettivo principale quello di fornire strumenti per il rilancio e lo sviluppo delle aree interne. “Non si tratta di una ricerca teorica, – ha spiegato – ma di un intervento reale, volto a recuperare un patrimonio naturale di grande valore, rendendolo accessibile a tutti e attivando strumenti di gestione e iniziative economiche che favoriscano la “restanza”, cioè la permanenza delle comunità nei territori.” Secondo Moroni, i problemi non derivano da un determinismo geografico, ormai superato, ma da scelte sbagliate che hanno alimentato fenomeni come l’esodo. La regione si presenta con uno squilibrio evidente: da un lato, la costa sovrappopolata e ingestibile, dall’altro, l’entroterra sottopopolato e abbandonato. Tuttavia, i cambiamenti climatici stanno dando un nuovo ruolo alle terre alte, che diventano un laboratorio di sostenibilità. Le ricerche come quelle di Taffetani sono fondamentali per invertire questa tendenza e riequilibrare il territorio, valorizzando l’ambiente e tutelando la biodiversità.
“Ho resistito per oltre 30 anni a una facoltà di agraria che ha dimostrato non scarso interesse, ma nessun interesse alla biodiversità.” Ha dichiarato Fabio Taffetani nel condividere anche la sua esperienza personale e militante. Il suo discorso si è concentrato su molti argomenti come la critica alle multinazionali che continuano a imporre l’uso di prodotti come il glifosate, rendendo difficile parlare di biodiversità, un argomento che suscita fastidio tra i grandi interessi economici. Tuttavia, le tradizioni agricole marchigiane, come dimostrato dagli studi di Moroni e Anselmi, sono state la forza della regione, e su questa forza bisogna puntare per cambiare l’approccio all’agricoltura. “Attualmente, il patrimonio dell’Appennino sta scomparendo, – ha continuato – ma ci sono finanziamenti europei mirati a riportare l’allevamento nelle zone montane, risolvendo due problemi fondamentali: il ritorno delle famiglie in montagna e la conservazione della biodiversità. È un’occasione di intervento e di rinascita, ma la mancanza di conoscenza di queste opportunità rappresenta un ostacolo.“

Marta Zarelli ha raccontato come, invece di privilegiare itinerari iconici come le Lame Rosse o Castelluccio, si stiano valorizzando paesaggi umili e meno conosciuti, con l’obiettivo di entrare in relazione con le comunità locali e comprendere eventi, come il terremoto e la pandemia, che hanno influenzato le scelte di viaggio e le strategie di coinvolgimento.
“L’esperienza del camminare e del ciclismo, molto sviluppata nel Nord Europa e arrivata da pochi anni anche in Italia, ha avuto un ruolo cruciale durante e dopo la pandemia. – ha affermato – La necessità di contatto con la natura, di spazi aperti e di attività che portano benessere ha rivoluzionato il nostro modo di vivere il territorio. Inizialmente, si proponevano escursioni iconiche, ma con le restrizioni si è spostata l’attenzione verso i sentieri nascosti e gli ambienti meno battuti, stimolando una maggiore attenzione alle relazioni tra persone, animali e storia locale. È nata così una riscoperta delle tradizioni e delle attività tradizionali, come testimonia Renato, poeta pastore e partecipante a movimenti di transumanza e che in quei momenti ha scoperto la letteratura di quel tempo, come la Divina Commedia e la Gerusalemme liberata. Renato è l’ultimo pastore rimasto che compone dei piccoli poemi in rima baciata che rispecchia la metrica imparata a memoria durante le invernate e che ha condiviso con noi la sua vita, i canti e la lavorazione del formaggio, culminata in degustazioni molto apprezzate.”
Questa modalità di esplorazione permette di raccontare il territorio in modo più autentico, coinvolgendo le persone attraverso storie, emozioni e percezioni sensoriali. Camminare tra boschi e resti di abitazioni abbandonate aiuta a risvegliare la memoria e a creare un’empatia profonda con il luogo, affinché i visitatori possano condividere queste emozioni e trasmetterle ad altri, contribuendo alla valorizzazione di questo territorio magico e fragile.
“Geografie Fragili” si conclude con un messaggio forte: la cura e la tutela dei territori interni sono possibili e necessari, attraverso azioni di consapevolezza, partecipazione e rispetto, perché solo riconoscendo e valorizzando la fragilità si potrà costruire un futuro più sostenibile e vero.
-Nikla Cingolani